domenica 30 dicembre 2012

Ogni giorno, comunque

Frequentando un dojo zen uno dei primi insegnamenti che si ricevono è che non esistono momenti speciali per fare zazen. Ogni momento è perfetto in se stesso, non esiste distinzione tra una solitaria giornata in campagna e una serata in un'affollata sala cittadina.
Io ho sempre avuto un debole per i riti, le regole e le atmosfere misticheggianti, così non ho mai amato questo messaggio così tranchant, quasi banalizzante.



Nel 2012 sono passati vent'anni dal mio primo ingresso in un dojo: i primi cinque li ho vissuti in un Sangha che è stato la mia seconda famiglia, i successivi sempre più lontano, trasportato impetuosamente, ma comunque con il mio consenso, da altre priorità.

Giorno dopo giorno ho cominciato a capire quel primo insegnamento e il suo enorme valore. La realtà è che nella meditazione zen non vi è nessun segreto, né alcun trasporto a stati di coscienza superiori, solo un costante richiamo al qui ed ora, oltre i veli dell'illusione e della pigrizia. Ripetere con costanza questo semplice gesto, accaldati o infreddoliti, tristi o esuberanti, svegli o insonnoliti, plasma e svela il nostro vero carattere e ci da' la forza di trasformarci.

Ho realizzato la grande importanza di questo aspetto dello zazen stanotte, assistendo una persona anziana che mi ha fatto alzare ad ore improponibili, osservando quanto i singoli atti quotidiani ci plasmano, impercettibilmente, ma senza tregua. La cosa più curiosa, che davvero non mi spiego, è come il mio pensiero continui a tornare lì, su quello zafu su cui mi siedo sempre meno, men che mai tutti i giorni, e lo continui a sentire vivo e pulsante, oltre la mia stessa volontà.

Una volta il mio maestro disse che il seme dello zazen, una volta piantato nella coscienza, non ci abbandona più. Una volta di più constato che aveva perfettamente ragione.

Grazie di nuovo Maestro, per i tuoi infiniti meriti.


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